
da BRECHT, POLITKOVSKAJA, SZYMBORSKA, WESKER
con
Marinella Debernardi
e Luca Brancato
regia e drammaturgia
Giovanni Mongiano
Donne. Donne discriminate, emarginate. Donne che combattono. Donne umiliate, stuprate, ammazzate. Donne che non si arrendono. Donne forti, coraggiose, intelligenti, orgogliose. Donne che rialzano la testa, sempre. Donne non rieducabili, donne abbandonate al proprio destino, donne oltraggiate per la loro diversità, che si rifiutano di soccombere alla follia di una società che s’inventa gli espedienti più subdoli per perseguitarle, ignorarle, ghettizzarle.
Uno spettacolo ispirato e cadenzato da alcune straordinarie poesie di Wislawa Szymborska, nel quale incontriamo profondi ed elevati momenti di teatro civile. A fare da fulcro “La moglie ebrea” di Bertolt Brecht, nona stazione di “Terrore e miseria del terzo Reich”, amara riflessione sulla decomposizione degli affetti più cari a causa di motivi razziali, passando attraverso le donne contemporanee di Arnold Wesker, qui riunite in un solo personaggio, emblematico e rivelatore, ricostruito drammaturgicamente in un atto unico intitolato “Due lettere”, per infine rendere omaggio al sacrificio di una donna eroica, Anna Politkovskaja, usando le parole dei suoi reportage e gli interrogatori dei suoi aguzzini, fino al terribile e non inatteso epilogo.
Immagini suggestive scorrono insistenti su di uno schermo e fanno da controcanto alle azioni e alle vicende sceniche rappresentate dalla protagonista Marinella Debernardi che interpreta i vari ruoli immersa in una surreale scenografia composta da evocativi tronchi posati su un tappeto di foglie.







